Pantelleria, il gelso dalla storia alla mitologia, in un concentrato di Nicoletta Natoli
Un’immagine perfetta dell’estate sicula?
La granita…da mangiare assolutamente con la “brioscia”! Questo
squisito dolce freddo può essere preparato con diversi ingredienti,
come ad esempio il limone, la fragola, il caffè e il gelso, un frutto
simbolo della Sicilia che può essere usato anche per molte altre
preparazioni.
Introdotto dagli Arabi nel IX secolo, presenta una varietà bianca e
una nera, e per i Greci era consacrato al dio Pan, legato alle selve e
alla natura. La sua coltivazione a Pantelleria è favorita dalla
temperatura mite, e le sue piante vantano qualità e caratteristiche
di acclimatamento uniche.
Al gelso è legata la leggenda di Piramo e Tisbe, resa celebre dal
poeta romano Ovidio nelle Metamorfosi. Definiti da alcuni studiosi i
Romeo e Giulietta siciliani, questi innamorati furono rinchiusi dai
rispettivi genitori negli sgabuzzini dei loro palazzi, separati da una
fessura attraverso la quale i due si scambiavano baci e frasi
d’amore. Stanchi della loro situazione, progettarono di scappare
insieme e vagarono per le campagne agrigentine fino ad arrivare ai
piedi di un gelso, dove trascorsero la notte.
Alle prime luci del giorno, Tisbe si recò presso una sorgente
d’acqua, dalla quale stava bevendo una fiera. Impaurita, la ragazza
scappò e perse il velo con cui si era coperta durante la fuga con
Piramo. Irritato per aver avvertito la presenza di un’estranea,
l’animale prese il velo, lo lacerò e lo sporcò di sangue. Piramo, non
vedendola tornare, andò a cercare l’amata nei paraggi, e dopo aver
trovato il suo velo sporco di sangue, decise di suicidarsi pensando
che fosse morta.
Superata la paura, Tisbe tornò alla sorgente, dove trovò Piramo
disteso a terra in fin di vita. Prima che questi morisse, gli sussurrò
delle parole disperate e poi si uccise a sua volta. Secondo la
leggenda, dal sangue versato dai due innamorati i frutti del gelso si
sarebbero colorati di rosso scuro,